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I’m BACK!

Dopo anni di inattività ma non di immobilità, da oggi e nei prossimi mesi sempre sul pezzo e sempre avanti!

No, questo l’hanno già detto tanto tempo fa 🙂

Aspettiamo il Governo dei due ragazzacci… stay tuned!

Il “bond”. Non James.

Quello del film Avatar. Termine perfetto per esprimere il legame fisico e spirituale che si creava tra i personaggi e i loro animali attraverso un “cordone ombelicale”, lo stesso che instauriamo noi umani con i nostri animali domestici durante il periodo che passiamo insieme. Anche se difficilmente ce ne rendiamo conto.

Bond in lingua inglese significa legame, vincolo, unione, catena, collante, promessa. Legarsi emotivamente, avvicinarsi spiritualmente. Parola che racchiude l’universo di sensazioni che si crea tra cane e umano.

Sono a contatto con cani, gatti e cavalli da quando ho compiuto sei anni. Ho imparato quello che so ascoltando “vecchi” addestratori, animalisti estremi e non, semplici proprietari neofiti e con esperienza, i saggi, gli ingenui, quelli che hanno sempre ragione anche quando hanno sempre torto, quelli che hanno ragione anche quando i fatti gli darebbero torto.

Questo insolito mix, unito ad una personale esperienza sul campo di 45 anni, mi ha portato a credere che sì, è vero che ci sono persone che hanno il dono di avvicinare gli animali più di altri unendosi a loro anche con l’anima, ma che questo seme di conoscenza per forza di cose c’è in piccola o grande parte in tutti noi. Ciò che fa di ogni persona al mondo un possibile educatore/addestratore/terapista è la cruda e splendida realtà che in fondo non siamo altro che delle… pure… bestie.

Le capacità sono dentro ogni essere umano, per una ragione sola: siamo esseri cognitivi ma prima di tutto animali. Siamo animali e proviamo le stesse emozioni ataviche, siamo colmi della stessa crudeltà, che ahinoi usiamo in modo diverso, per offendere e non per combattere per un territorio, nutrirci o solo per sopravvivere.

Bestia non è una parola negativa, viene solo usata in modo dispregiativo. Disconoscersi da questa parte selvaggia ci allontana da quello che siamo nel nostro inconscio, ci fa vivere da umani in maniera discontinua, non completa. Negare a noi stessi di essere bestie ci allontana dai nostri amici a quattrozampe, il sentirci più umani e meno animali ci autorizza a trattare “umanamente” tutte le altre specie. Ecco un altro esempio, il significato della parola è variato a seconda dell’utilizzo. Aiutare una persona in difficoltà è agire umanamente. Quindi, trattare un cane umanamente significa violentare una specie diversa, in pratica maltrattarlo?

In che modo? Spingerci troppo in là usando la pietà (emozione umana) a volte non danneggia l’animale?

Allora, cosa significa creare un legame sano (un bond appunto) con il proprio cane? Fino a che punto spingersi, utilizzando la bestia che è in noi, per farci comprendere in modo corretto da un’altra specie?

Come usare il corpo e la potenza dello sguardo diretto?

Lasciamo anche spazio alle discussioni sugli eccessi, senza mangiarsi come animali 🙂

Compare Turiddu… scompare Turiddu… ricompare Turiddu!

Dopo anni di silenzio, dovuti a work in progress per le attività dell’agriturismo e tanto altro, si riparte con piccoli aneddoti, esperienze di vita, stupidate, lagotti e animai vari, con Francesco Nuti sempre nel cuore.

A presto, anzi “a se v’dan”

S

Ebbene sì, non guardo i programmi condotti da Barbara D’Urso. Ebbene no, in queste settimane non ho avuto tempo nemmeno per scrivere su blog o facebook. L’intervento di Francesco Nuti alla trasmissione della Barbara nazionale l’ho visto però, su youtube. Due giorni dopo il fattaccio della domenica mia madre, sapendo dell’attenzione che rivolgo alle notizie su Francesco, mi ha passato un paio di quotidiani che scrivevano di lui, pareri discordanti sul portare il dolore e la malattia in televisione, commenti strazianti o ironici indirizzati a lui e alla conduttrice.

C’era anche un’intervista a Barbara D’Urso, che proclamava di non avere nessuna colpa a proposito del collegamento con Francesco Nuti e che lui stesso, assieme alla Malipiero e agli assistenti di Francesco, avevano dato l’ok all’intervista. Vorrei proprio sapere le precise “parole” che avrebbe pronunciato Francesco a proposito dell’essere schiaffato in primo piano davanti a milioni di persone in quello stato. Non lo conosco di persona ma tutti i suoi fan sanno che Francesco Nuti è sempre stato un uomo riservato e un pò orso, solo quando ha realmente avuto bisogno di aiuto è apparso in tv raccontando del suo disagio, il problema dell’alcolismo. Non ricevendo alcun aiuto, of course.

Dopo la trasmissione indegna, la Barbara D’Urso chiede comprensione per ciò che ha fatto, nascondendosi dietro i “tutti hanno acconsentito” e ai “questa è real television”. Quello che Barbara cara si è dimenticata di dire è che c’è una cosa chiamata DIGNITA’, qualcosa che lei non conosce e che a lei non appartiene. Mi chiedo se la D’Urso mostrerebbe in una sua trasmissione suo figlio se fosse affetto da una malattia deformante. Meglio non chiederselo, forse la signora lo farebbe sul serio.

Fa male pensare alla donna di Francesco, madre di una figlia che lui ama così profondamente, tentare di cercare pubblicità a spese della disabilità di un uomo incolpevole ma ormai ci siamo abituati alla tv spazzatura, anche perché all’inizio ci piaceva eccome. Poi, il troppo stroppia, come si dice al mio paese. Se qualcuno ne ha voglia, aggiunga l’emozione che ha provato al vedere Francesco dalla D’Urso. Solo l’emozione, pura e semplice.

Poco tempo prima anche Magalli aveva proposto l’intervento nella sua trasmissione ma almeno il collegamento era stato rispettoso, contenuto, gestito come la cosa era da gestire. L’ho apprezzato e amato, Francesco, e ringrazio Giancarlo di avere preparato uno spazio adeguato alla situazione. La D’Urso no, non la perdono. 

Aspettando il prossimo abominevole evento televisivo di queste pseudopresentatrici, auguro a Francesco ogni bene.

Due puntate. Due sole puntate e si pretende la perfezione. Il pubblico sa essere spietato eh? 🙂 Dai, non è proprio così male. Non fa schifo, non fa saltare dalle risate, non è la migliore trasmissione al mondo, non porta a spegnere la radio dopo un minuto. E’ già tanto.

Un nuovo gruppo di lavoro va rodato a lungo, anche allo Zoo impiegheranno almeno sei mesi per tornare ad essere perfetti come prima o più di prima. Mazzoli, oh, mi raccomando: sempre con un occhio sui commenti del tuo pubblico, su facebook e sul blog. Noi sappiamo come gira la ruota. Ascoltaci Marco, siamo la tua coscienza. Un po’ come il vecchio Leone.

Il nuovo Zoo è irriverente, allegro, caotico, interessante, stimolante e motivato. Ragioni valide per dargli fiducia e seguirlo. Molti invece lamentano di rimpiangere i tre giudacci, dicono che senza loro lo Zoo non è più lo Zoo. E vai coi commenti tipo: non lo ascolto più, ho spento dopo mezz’ora, che pena, mi spiace ma è finita, piuttosto ascolto i tre su deejay. Ma una riflessione è d’obbligo: cosa portavano ultimamente i tre allo Zoo?

Non molto, a parer mio. Le tre persone che se ne sono andate, che ora dicono di essere scappate dal gran Capo perché erano “schiacciati” dalla personalità del feroce Mazzoli nemmeno fosse Linus o il Berlusca in persona e sovrastati dalla volgarità che affollava lo Zoo, se ben ricordo hanno loro per primi creato casini per le cavolate fatte in studio. Si riempivano DI CONTINUO la bocca di volgarità. Se fossero stati contrari al gioco irrispettoso, alla linea oltraggiosa delle scenette e alla conduzione dittatoriale di Mazzoli, se ne sarebbero andati molti anni fa a Radio Maria. Invece sono rimasti, eccome. Quindi, che non facciano i santarellini puri e casti, hanno di che vergognarsi pure loro.

Anzi, al contrario, proprio la presenza dei tre era legata alla scurrilità e alla ripetizione. Zanfo e company erano sì geniali, ma a lungo andare ci si rompe di scherzi o carognate al telefono e delle stesse espressioni ripetute all’infinito. Così come il nuovo “Gibbaaaaa!” presto o tardi dovrà essere sostituito con materiale fresco.

Quindi cosa lamentano gli Zoofili che seguono i tre giuda? Che nel nuovo Zoo ci sono meno parolacce? Che mancano i loro personaggi tanto amati come il bastardo Zanfo o il tiraneve Vito? Lo Zoo era tutto qui? Cazzi culi pompini tette fanculo merda stronzo? Parolacce e fellatio in studio? L’anima dello Zoo era quella? Per quello piacevano tanto i tre negli ultimi tempi? La domanda nasce spontanea e vorrei tanto che fosse Marco in persona a rispondere. Vorrei sapere quale avrebbe voluto fosse l’anima dello Zoo, vecchio e nuovo.

Non guarderò i tre a deejay, le loro performance al di fuori dello Zoo non mi interessano. Erano parte di qualcosa che è morto e in un mese è resuscitato. Loro sono il passato, lo Zoo respira il futuro.

Ci stiamo avvicinando al fatidico 24 (o 31?) gennaio e al ritorno dello Zoo. Questa è una stupenda notizia che mette fine ai casini precedenti e mi riempie di aspettative. Voglio credere in uno Zoo migliore, “molto migliore” di quello passato.

Sul caos delle scorse settimane non c’è altro da dire, oltre ai ripetuti silenzi di alcuni, le incomprensibili parole di altri e le poche chiare belle parole di chi è stato, è, sarà per sempre uno Zoofilo. Il resto non conta, ora ci sono solo lo Zoo e i suoi fan.

Mi è piaciuto il post di Fabio sull’intera situazione. E’ stato l’unico dei tre a fornire qualche frase su cui riflettere. Fabio ha scritto delle motivazioni specifiche e gliene rendo merito. Ognuno di noi può leggerle in maniera differente; enigmatiche, vere, fasulle, ipocrite, ma almeno lui ha postato qualcosa sull’argomento. Certo, invece che lamentare una impossibilità di parola verso i suoi fan perché avrebbe interferito con lo sviluppo del contratto nuovo, alle serate o subito dopo Capodanno Fabio poteva parlare alla radio o scrivere sul blog una roba tipo ”ragazzi, vi devo dire una cosa che non vi piacerà, vi farà incazzare, mi dispiace me ne devo andare ma l’ho fatto per la famiglia”.

Poteva inventare qualche frase contorta o scherzosa per dare l’annuncio in maniera indiretta. Si può dire tutto senza dire nulla… ci riescono i politici, perché un buon professionista radiofonico non ci ha nemmeno provato? Ma insomma, fa lo stesso, mi accontento. Il suo post ha in parte placato il mio animo.

Non mi è piaciuto il commento di Marco riferito alle “boiate” scritte dai suoi fan sul suo blog e su facebook nei giorni roventi delle diatribe e dei silenzi, sia perché non so se si stesse riferendo anche a ciò che ho scritto qui sotto e io, amando follemente la mia prosa, mi offendo se qualcuno la stronca 🙂 sia perché sono fautrice della libertà di parola e di opinione e credo che qualsiasi commento possa essere espresso liberamente senza che qualcuno si permetta di denigrarlo. Criticarlo sì, controbatterlo sì, discuterlo fino alla morte sì, ma denigrarlo no.

Gli Zoofili hanno speso minuti o meglio ore del loro tempo a sostenere Marco Mazzoli e le loro parole vanno apprezzate in ogni modo. Certo, le parolacce e gli insulti pesanti magari si potevano risparmiare… ma forse a qualcuno non è ben chiaro che ERAVAMO INCAZZATI NERI per la defezione dei tre e NESSUNO ci ha dato uno straccio di notizia decente per settimane. Ciò che sapevamo era che tre persone dello Zoo che fino a pochi giorni prima sbeffeggiavano una specifica radio, offendendo un personaggio in particolare, da un giorno all’altro hanno lasciato un programma amato da milioni di fan per andare a lavorare proprio nella odiata radio concorrente, da quello specifico odiato personaggio.

C’è da sbroccare di brutto, giuro.

Comunque tutto finito, tutto a posto. Ora si devono spendere energia e forze solo per la nuova stagione del programma. Le parole degli Zoofili potranno anche essere state pesanti come piombo ma adesso è giusto lasciarle andare via, leggere come piume.

Lo Zoo sta tornando, le belve sono più feroci che mai.

E vien la conferma dal blog di Marco Mazzoli che le iene sono scappate sul serio. Delusione su tutti i fronti, schifio che pervade , ma poi smettiamola di parlare di questi tre, non meritano un minuto in più del nostro tempo.

La storia ci racconta cosa accade agli infami, cioè mai niente di buono. Vedremo negli anni cosa succederà ai tre che hanno abbandonato la nave grossa e grassa e l’hanno fatto silenziosi disgustosi e subdoli come topi, lasciando milioni di fan in lacrime.

E poi il Marco nazionale riferisce che vien la diretta dalla prima puntata! Finalmente!!! C’è da gioire! 🙂

Sarò felice per ogni cosa Marco intenderà fare. Anche se ci vorrà molto tempo per rendere il nuovo gruppo omogeneo e creativo al 100%, anche se le scenette non saranno al meglio, anche se il vecchio di merda si impappinerà tre volte su due e romperà il cazzo, io seguirò il nuovo Zoo ogni giorno.

Insomma… dal 17 gennaio alle ore 14 sentirò il ritrovato Zoo  del 2011, anche se farà cagare per un pò 😀

una Zoofila per sempre

Lo Zoo (non) è morto, lunga vita allo Zoo

Inizio scrivendo che voglio credere sia tutto uno scherzo e, tra qualche giorno, ne riderò insieme agli amici, dello scherzo più bello e allucinante mai fatto da una radio ai suoi fan.

Poi penso che potrebbe essere tutto vero e mi chiedo come possa essere accaduto, mi dispero per la sorte, mi ribello alla verità, mi carico di rabbia per i traditori, poi mi rassegno alla cruda realtà. La lealtà è perduta, l’amicizia è perduta. Così si perdono per sempre parte dei buoni propositi di vita che i tre di radio 105 ci hanno inculcato negli anni. Essere indulgenti, lottare per gli ideali, pretendere onestà e serietà da chi ci governa, gridare la nostra verità anche se ferisce, difendere il nostro pensiero, combattere i soprusi, esigere una vita decorosa, incazzarci con chi ci tradisce o si prende gioco di noi, divertirci delle imperfezioni altrui ma anche essere in grado di commuoverci per i racconti di un anziano (non Leone…).

E nel momento triste di una separazione (ipotesi sempre possibile durante una collaborazione professionale) che si aspetta il meglio dalle persone che ti hanno insegnato uno stile, ti hanno instillato coraggio nelle vene, ti hanno permesso di esprimere la tua opinione, qualsiasi essa fosse. Ci si aspetta sincerità, armonia tra le parti, collaborazione.

Invece, come è finita? Cosa ci è rimasto delle belle frasi dei tre, delle loro lotte, degli ideali?

Un mucchio di cacca.

L’ipocrisia e la vigliaccheria hanno preso il sopravvento sulle buone intenzioni e chi insegnava a lottare si è arreso al primo combattimento, davanti al nemico più subdolo: il soldo.

Una disfatta psicologica e fisica, un annientamento che ha raggiunto l’apice della spietatezza e ucciso il cuore dei fan dello Zoo quando tre dei fulcri della trasmissione, che avevano promesso fedeltà al loro pubblico, si battevano per il programma maltrattato o sospeso, giuravano di essere sempre in prima linea con l’amico Marco e con lo stesso pubblico contro tutte le disuguaglianze, e ingiuriavano e sberleffavano quasi quotidianamente una radio concorrente facendosi forte dell’affetto, il coraggio e la complicità dei fan sempre pronti a schierarsi per i loro beniamini, hanno lasciato il gruppo senza proferire parola gettandosi tra le braccia piene di denaro dei concorrenti. Quelli che sbeffeggiavano a morte fino a pochi giorni prima.

Le tre iene dello Zoo abbattono tutto e tutti durante la loro fuga, come chi scappa con gli occhi pieni di terrore sapendo di avere commesso un atto terribile. Calpestano l’amore e l’affetto sincero dei fan, il cuore ferito del loro collaboratore/amico/mentore/”fratello” che tante volte li ha difesi, aiutati, consigliati. Da beniamini, esempi di stile, amici fraterni e compagni di lotte diventano un’accozzaglia di vili elementi, gente da allontanare alla semplice vista. Anche fisicamente e psichicamente i tre stanno già mutando. Cambiano pelle come i serpenti. La trasformazione è già iniziata. Che forma assumeranno, nessuno ancora lo sa. Dobbiamo aspettare un po’ per vedere in che cosa il nuovo padrone li ha mutati. Sono in gamba, forse faranno qualcosa di davvero buono nel loro nuovo habitat. Ma saranno in grado di dimenticare i visi disperati pieni di amarezza del loro ex ammiratori?

Ormai è fatta. Come era successo varie altre volte nella storia dello Zoo, alla fine la situazione è scappata di mano. A mio modestissimo parere di Zoofila sono stati fatti alcuni errori di valutazione, sia da parte di chi è fuggito in un momento così delicato, sia da parte di chi è rimasto e non ha fatto i conti con cosa stava accadendo attorno a lui.

Lo Zoo è seguito da milioni di persone e il gruppo è una forza, l’impressionante numero di radioascoltatori è un’arma potente, pericolosa, e come tale va trattata. Lo Zoo NON può e non ha mai potuto permettersi di sbagliare tattica.

E’ stato e continua ad essere la pecca di questa trasmissione: il pensare che sia solo una parentesi pomeridiana un po’ volgare e irriverente composta da un gruppo di amici che chiacchiera, blatera, schizza, si incazza, si diverte, fa scherzi telefonici, sparla di politica e di gossip, come se i conduttori fossero seduti ad un tavolino del bar di fianco a casa, invece che davanti al microfono in una sede radiofonica nazionale. Lo Zoo è ben altro.

E’ un’Istituzione, è una Bibbia moderna, è la manna dal Cielo per chi sta morendo di fame, è l’acqua nel deserto per chi sta morendo di sete. E’ allegria, conforto, mutuo soccorso, socialità, confronto, scuola di vita, esempio di coalizione, specchio dove scrutarsi per comprendersi meglio e scrutare e comprendere il mondo attorno a sé.

Forse nemmeno i conduttori dello Zoo hanno mai capito quanto sia importante la loro trasmissione per i loro fan. Qui si parla di milioni di persone, non di uno sparuto gruppetto di pensionati brontolanti o di casalinghe disperate. Milioni di persone seguono un gruppo di pazzi ammattiti che nel tempo diventano parte della tua famiglia, a volte più di una famiglia.

Chi non ha mai ascoltato lo Zoo e lo fa per una volta prova un’emozione, non rimane mai indifferente. Può amarlo, odiarlo, apprezzarlo, schifarlo, maledirlo, ma se una persona lo ascolta una volta prova qualcosa, non c’è storia. Lo Zoo ha qualcosa dentro che quando ti prende non ti lascia più andare. La forza dello Zoo è che non sa di averla, questa forza. La forza dello Zoo è ciò che lo può distruggere.

Parli di gatti e petardi legati alla coda e pensi che sia solo una battuta cretina detta alla cazzo ma vieni sospeso perché migliaia di persone protestano. Migliaia. Scherzi sul politico di turno che si fa una puttana giovane o vecchia oppure un trans, come fanno i politicanti dai tempi dei senatori Romani anzi da quando l’uomo è stato inventato, e vieni incerottato perché “di queste cose non si può parlare”.

Innumerevoli i casini e le querele al programma, innumerevoli le sospensioni e i ritorni. Ogni volta che lo Zoo piscia fuori dal barile, lo Zoo rischia di chiudere. Questo è potere. Non sono gli altri che hanno potere su di te perché ti zittiscono a botte sulla schiena, sei tu che fai paura agli altri e gli altri lo sanno e ti bastonano per dominarti. Lo Zoo a volte fa paura. Ed è per questo che ogni azione dello Zoo viene analizzata a fondo non solo da noi fan, ma da tutto il sistema. Ed è per questo che l’azione di tradimento dei tre conduttori risulta inverosimilmente deleteria. Perché dimostra che anche una trasmissione di enorme potere mediatico come lo Zoo ha delle falle all’interno. La facciata di marmo crolla, la breccia si allarga e gli innumerevoli fratelli vecchi e canuti delle radio concorrenti, grazie alla terribile azione vigliacca dei tre, possono sperare in una disfatta finale. Che non ci sarà perché lo Zoo vive e vivrà, ma i canuti ora, per la prima volta, possono sperarlo.

Tornando al caso specifico, come ho scritto sulla pagina fb dello Zoo, la questione non è la scelta professionale dei tre di lasciare il programma di punto in bianco.

Non parlo volutamente di chi li ha assunti, non conosco radio dj e men che meno i due fratelli, visti un paio di volte in Tv e subito dimenticati perché risultati a pelle damerini stronzi e presuntuosi. Ma questa è un’altra cosa. La gente sceglie la carriera più consona al suo percorso di vita e se ai tre piace il Dio denaro, come biasimarli. Sono bravi nel loro mestiere, possono pretendere un cachet alto e fanno bene ad accettare compensi alti.

La questione è come hanno trattato il loro pubblico, chi li seguiva e amava da anni. E devo dire che, da “imprenditore” quale io sono, se fossi stata nei panni di chi li ha assunti avrei avuto molti indugi a portarmi a casa personaggi di cotanta bassezza. Lasciano un luogo di lavoro comportandosi da inetti con amici, collaboratori e milioni di fan, come potranno essere apprezzati per la loro professionalità, serietà ed onestà nel nuovo posto di lavoro? Non è un gran bell’inizio per scalare la vetta.

Vorrei chiedere loro: perché non si sono mostrati? Perché non hanno parlato alla radio? Perché sono fuggiti in silenzio? Erano parte della storia dello Zoo, perché un tradimento simile?

Sarò troppo incattivita dal gesto, ma a me non bastano frasi come “Vi vogliamo bene e ve ne vorremo sempre”, per rasserenare l’animo. Pronunciata alla serata di Capodanno, la frase sembra più un insulto che un ricordo affettuoso. Perché, c’è da dubitare dell’affetto che i tre provavano per me, Zoofilo sfegatato, che devono anche ricordarmelo? Siamo un pubblico intelligente e critico, capace di accettare defezioni e prese di posizione, capaci di comprendere che nella vita conta più il denaro che l’amicizia o le collaborazioni. Quindi, se altri hanno pagato di più, beh, vai con il contratto a dj. Va bene, tutti siamo in vendita.

Ma ce lo dovete dire in faccia, porca puttana. Dovete uscire dalla sede di 105, mischiarvi tra la cumpa e dire “Me ne vado a radio dj perché mi danno un botto di soldi e avete ragione a dire che sono un pirla perché dopo anni di ingiurie a quelli di dj ora gli vado a leccare il culo ma mi dispiace, a me piace il soldo e lì me ne danno a pacchi” e poi sorbirvi le centinaia migliaia di vaffanculo dei fan, gli sputi in faccia, i cori schifati. Anche questo è lo spirito dello Zoo, no? Lo avete fatto per anni alla gente, tutti quei poveracci smerdati, fanculizzati, massacrati a parolacce e schifezze. E adesso che tocca a voi prendervi la vostra giusta dose di insulti, voi scappate come stupidi ladretti di galline colti sul fatto?

Ma no, porca troia, senza una parola per nessuno dopo tutti questi anni no. Senza una parola per Marco, senza una lettera sul blog o sito o giornale o dove cazzo ti pare, no.

E’ una pochezza, un vuoto, una rabbia sorda che ti pervade. E pensare che nonostante tutto noi vogliamo ancora bene a questi tre pezzi di …

Ma noi siamo Zoofili. Il nostro Maestro è Marco Mazzoli. LORO non potranno mai sapere quanto è grande il nostro cuore, grazie agli anni trascorsi con il succo dell’animo del Maestro Marco.

Il nuovo Zoo, qualsiasi esso sia, porterà aria fresca e sana dentro lo studio di 105. Anche se ci sarà da rimestare nel passato e riportare in studio certi vecchi, ormai antichi, personaggi. Ben venga. La lucertola è un coccodrillo in miniatura e i coccodrilli sono sopravvissuti ai dinosauri. Marco sopravviverà alla glaciazione del suo Zoo, ai dinosauri canuti e alle ferite ricevute dalle tre iene, scappate là dove ci sono più carogne da succhiare.

Se il 17 pomeriggio i tre saranno in diretta con Marco e tutto ciò risulterà essere la più grande bastardata mai vista, giuro che per una settimana mi inginocchierò su una distesa di lenticchie davanti alla sede di 105 e i tre potranno scudisciarmi a volontà. Ma se è vero che se ne sono andati senza nemmeno un commento, un insulto, uno sberleffo seguito da una lacrima o un pianto sincero, allora vorrà dire che nulla è perduto per lo Zoo, che saprà risollevarsi come sempre e più forte che mai, ma tutto è perduto per noi Zoofili, che abbiamo creduto in persone che ci stavano spingevano nella direzione giusta mentre proprio loro stavano imboccando quella sbagliata.

CIAO FRANCE’, BENTORNATO 🙂

http://corrierefiorentino.corriere.it/firenze/notizie/spettacoli/2010/3-novembre-2010/francesco-torna-lontano-1804086025285.shtml

(grazie ad Andrea per la segnalazione e a tutti per il supporto. Francesco sa che noi ci siamo e noi sappiamo che lui ce la sta mettendo tutta per tornare. Questa è una bellissima notizia)

Dopo anni di mutismo, e dopo migliaia e migliaia di richieste da parte dei suoi fan, finalmente qualcuno ci fa sapere di lui. Francesco, TVB. Forever.

http://www3.lastampa.it/spettacoli/sezioni/articolo/lstp/368931/

“Basta silenzio, Nuti è con noi”

Al Festival di Roma il documentario sull’artista malato che da anni non riesce a parlare

Nessuno l’ha dimenticato, ma il pudore, spesso colpevole, verso la malattia e il dolore, hanno fatto calare sulla sua storia un silenzio attonito. Gli amici, i colleghi, il pubblico sanno che, dal dicembre 2006, Francesco Nuti sconta una punizione ingiusta, uno di quei castighi che nessuno merita e invece piombano, da un attimo all’altro, buttando all’aria le vite dei più sfortunati. La caduta in casa, l’emorragia cranica, il coma, l’operazione. E poi l’inizio di un’esistenza a metà. Una fatica immensa, divisa con la madre, con il fratello medico Giovanni, con pochi affetti, tra cui il regista Giovanni Veronesi che non ha mai smesso di stargli accanto, ma soprattutto con se stesso. Da quella notte l’autore non parla più: «Ho provato – confessa Giovanni – un sentimento nuovo e forte, il compito di ridare voce a mio fratello. Compito impossibile per il medico. Possibile solo se compreso sul piano generale e simbolico. Sì, perché mi sono accorto che al silenzio di Francesco corrisponde un silenzio più forte. Il silenzio del mondo del cinema e dell’editoria musicale, che forse non si è accorto davvero dell’autore che lui rappresenta, che sembra averlo dimenticato, rimosso, come dicono alcuni, con una rapidità intollerabile».

Tra due settimane, con il documentario di Mario Canale Francesco Nuti… e vengo da lontano, il Festival di Roma riaccende i riflettori sulla parabola dell’artista. Nel programma della rassegna c’è scritto che all’evento parteciperà anche lui, il protagonista, per la prima volta in pubblico dopo l’incidente, anche se chi lo assiste dice che la sua presenza non sarà certa fino all’ultimo minuto.

Quel giorno ad applaudirlo ci saranno tutti, magari in piedi, magari con le lacrime agli occhi, compresi i tanti che lo hanno dimenticato e pure quelli che, negli anni difficili, gli hanno sbattuto la porta in faccia. Nuti non è mai stato un personaggio facile, di quelli che semplicemente si fanno amare da tutti. Aveva i suoi fan, ma anche i suoi detrattori. C’era chi non gli aveva mai perdonato il grande salto dietro la macchina da presa, la tentazione, come scriveva l’ex critico della Stampa Stefano Reggiani nel suo Dizionario del post-divismo, di diventare «un improbabile malincomico internazionale».

E poi l’aria un po’ sbruffona da ragazzo di provincia, il narcisismo dell’attore arrivato, e le donne, tante, tutte bellissime, prese, lasciate, cambiate al ritmo di un girotondo spensierato. Da Clarissa Burt ad Annamaria Malipiero, madre dell’unica figlia Ginevra, passando per le interpreti dei suoi film su cui fiorivano sempre, vere o false che fossero, voci di amori turbolenti.

Dall’inizio degli Anni Ottanta alla metà dei Novanta, Francesco Nuti, nato a Firenze nel ‘55, dal barbiere Renzo detto «il Casanova» e da mamma Anna che in questi ultimi anni se l’è curato come se fosse tornato bimbo, ha vissuto la sua stagione d’oro. Dai primi successi con i Giancattivi all’esordio nel cinema diretto da Maurizio Ponzi in Madonna che silenzio c’è stasera ai film da regista e interprete dove metteva in gioco tutto se stesso, con fortune alterne. Il documentario ricostruisce le cronache dal set, la nascita dei tormentoni e delle gag, la passione per la musica che lo portò sul palcoscenico di Sanremo con il brano Sarà per te. Roberto Benigni, che per lui è sempre stato una specie di fratello maggiore, diceva che era rimasto «monello», e che nei confronti della vita «era generosissimo, la sperperava, era uno scialo».

L’inizio della fine ha una data, 1994, e un nome preciso, Occhiopinocchio, il kolossal prodotto da Cecchi Gori e ispirato all’eroe di Collodi, incappato in una serie nera di difficoltà realizzative, tagliato, rimontato e alla fine stroncato dalla critica. Nuti non regge il colpo, s’infila nel tunnel della rabbia e dell’infelicità, inizia a bere, si confessa in pubblico, convoca disperate conferenze stampa in cui implora un lavoro. Cose proibite, soprattutto quest’ultima, dalle leggi dello show-business che impongono una maschera di benessere perenne. Se non ce la si fa a portarla, meglio eclissarsi piuttosto che far sapere che stai male. Nel documentario, spiegano gli autori Mario Canale e Anna Rosi Morri, «ci sono la sua permalosità e la sua generosità, poi le prime sconfitte e la difficoltà di accettarle, gli errori e le invidie, l’insicurezza e la sfortuna e alla fine il silenzio, che abbiamo voluto rompere, perché Francesco è vivo».